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Io, Assistente alla Comunicazione sorda

L’esperienza di Cecilia Ruggeri
Article publié le venerdì 26 marzo 2021.
traduction : fr


Cecilia Ruggeri, nata da famiglia udente, vive a Roma ed è un’assistente alla comunicazione sorda con esperienza decennale. È altresì formatrice nei corsi per assistenti alla comunicazione e delegata Fp CGIL di Roma e Lazio per la categoria assistenti. Appassionata di viaggi, ama leggere e tenersi aggiornata sul suo settore di competenza. Laureata in Scienze dell’educazione, di recente si è diplomata come educatrice Montessori nella fascia 0-3 anni.
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Cecilia Ruggeri

1. Perché hai deciso di diventare Assistente alla Comunicazione?
In realtà non l’ho deciso io: c’era bisogno di educatori sordi e hanno individuato in me le caratteristiche adatte. Decisi così di mettermi in gioco ed è diventata la mia professione.

2. Quale formazione hai seguito?
Ho seguito un breve corso per gli educatori sordi tenuto dall’ Ens provinciale della mia città e in seguito un corso di formazione tenuto dalla Regione Lazio in collaborazione con la mia cooperativa. Inoltre, ho voluto laurearmi in Scienze dell’educazione perché mi sembrava attinente al mio lavoro. Cerco inoltre di aggiornarmi di continuo seguendo seminari, corsi e workshop organizzati da vari enti e/o associazioni.

3. Di cosa ti occupi nello specifico?
Ho lavorato negli asili nido, presso scuole dell’infanzia e tutt’oggi lavoro in una scuola primaria bilingue. Rappresento un ponte comunicativo per gli insegnanti e i bambini sordi, faccio sì che il contenuto didattico arrivi al bambino attraverso la LIS e non solo, mi occupo anche di adattare il contenuto secondo la strategia comunicativa più adatta nella modalità visiva (video, immagini, cartelloni). Capita anche di elargire suggerimenti, strategie didattiche e tecnico-metodologiche alle insegnanti.

4. Come si svolge una lezione tipo in una scuola bilingue?
Il compito didattico e di insegnamento è competenza dei docenti curricolari di classe, pertanto sono loro a programmare gli interventi e a svolgere le attività didattiche mentre l’assistente collabora e contribuisce partecipando attivamente alle lezioni secondo le strategie visive sopra accennate. Il bello della lezione in modalità bilingue è dato appunto dalla compresenza di entrambe le lingue, nessuno è escluso. Gli alunni sono tutti alla pari e insieme si raggiungono gli obiettivi. Un aspetto che vorrei evidenziare è che avviene un continuo passaggio visivo-oculare dalle labbra del docente agli occhi del bambino. La trasmissione del messaggio viene quindi suddivisa in pause per consentire a noi di finire il segnato e tornare a guardare le labbra del docente. È curioso osservare come perfino gli alunni udenti mi guardino segnare. Sono avvantaggiati da questo punto di vista, ricevono un surplus di informazioni in un’altra lingua, comprendono “doppiamente” e ciò mi rende felice.

5. Perché è importante il ruolo dell’AsCo?
Innanzitutto per il ruolo di ponte comunicativo che si assume in classe. Siamo il fulcro del processo di inclusione ed è anche nostro compito evitare l’emarginazione e l’isolamento comunicativo del bambino sordo dal gruppo classe, favorendo autonomia e socializzazione.

6. Quali sono i vantaggi di rivolgersi a un’AsCo sorda?
Per il bambino sordo è importante avere una figura di riferimento adulta sorda che lo aiuti a costruire un’identità attraverso l’accettazione del suo deficit, in un’ottica in cui la diversità è intesa anche come ricchezza, un valore aggiunto. L’AsCo sordo permette ai bambini sordi di conoscere e di riconoscere le sfere delle emozioni e dell’affettività. Tali competenze emotive influenzano poi la consapevolezza della propria identità, la capacità di aver fiducia in se stessi e la competenza nel gestire i propri desideri e bisogni grazie alla relazione educativa che si instaura. Il lavoro di costruzione dell’identità è delicato e chi meglio di una persona sorda valida può farlo? L’aspetto della relazione educativa avviene specialmente nei primi anni di vita del bambino, dalla primaria invece solitamente arrivano i bambini già formati caratterialmente con una propria identità e qui si lavora soprattutto a livello didattico, su come trasmettere in maniera chiara tutti i contenuti disciplinari condividendo una stessa lingua in maniera fluente e senza intoppi. Si tramanda così anche il bagaglio linguistico.

7. Perché promuovere un’educazione di tipo bilingue bimodale?
Tutti noi siamo in possesso della facoltà di linguaggio. Nel sordo c’è una naturale predisposizione ad acquisire una lingua visiva (se l’ambiente in cui vive lo consente) senza difficoltà tramite il canale visivo sensoriale che è integro. Si evita così un ritardo nello sviluppo cognitivo, relazionale e nell’apprendimento dei contenuti. Invece la lingua parlata e scritta, al contrario, è il risultato di un lungo processo di apprendimento attraverso la logopedia e la protesizzazione acustica. Se il bambino ha già la LIS come prima lingua, gli diviene più facile apprendere la lingua vocale, come dimostrato da ricerche. L’educazione bilingue risponde a tutto ciò di cui un bambino sordo necessita.

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8. Quali sono i metodi più efficaci per insegnare la lettoscrittura ai bambini sordi?
Secondo me non esiste un metodo uguale per tutti. Ogni bambino costituisce un unicum con tempistiche e modalità diverse. Tuttavia, nel rispetto di ogni singolo individuo, prima si inserisce la lettoscrittura meglio è. La lingua italiana si impara solo leggendo e scrivendo.

9. Come sei inquadrata contrattualmente?
Sono dipendente di una cooperativa che gestisce il servizio di assistenza alla comunicazione e sono inquadrata come educatrice secondo il CCNL delle cooperative sociali.

10. Cosa ne pensi di un’eventuale stabilizzazione al MIUR degli Assistenti?
Noto troppa differenziazione e confusione sulle sigle (assistente all’autonomia e alla comunicazione, oepac, educatori scolastici, assistenti educativi, ecc.) e penso che ci sia bisogno di uniformare la figura a livello nazionale. Urge un unico profilo professionale a seconda della disabilità con cui si ha a che fare. Ben venga dunque una legge che ci tuteli. La stabilizzazione al MIUR come personale dipendente a spese dello Stato potrebbe essere positivo, tuttavia nutro alcuni dubbi. Mi chiedo se mai ci sarà “dietro le quinte” una commissione di esperti in sordità che lavorino e che facciano il giusto abbinamento operatore-bambino/ragazzo. La formazione completa di un AsCo si basa sull’apprendimento della LIS, del bilinguismo, del metodo bimodale e oralista, della pedagogia speciale per sordi con protesi e impianto. Tuttavia credo che ognuno di noi debba specializzarsi in un determinato ambito. In parole povere, un AsCo perfettamente segnante e con esperienza sarebbe auspicabile seguisse un’utenza segnante, così come un operatore potrebbe essere più indicato alla scuola dell’infanzia anziché alle superiori e viceversa. Inoltre ci sarà una menzione particolare per noi AsCo sordi? Rischiamo forse di finire in scuole ove la LIS non è vista di buon occhio? Uno dei requisiti di accesso al concorso è quello di aver fatto almeno 900 ore di LIS. Eppure 20 anni fa i corsi erano strutturati diversamente. Questo vuol dire che le prime AsCo verranno escluse? Sono dubbi e domande che spero avranno al più presto una risposta.

11. Cosa ti piace del tuo lavoro?
Vedere i volti dei bambini illuminarsi quando arrivano a comprendere magari un contenuto didattico difficile oppure nel caso di bambini piccoli vedermi come un “idolo” a cui ispirarsi, la loro persona adulta sorda di riferimento. Mi piace mettermi in gioco sempre e comunque perché ogni bambino ha qualcosa da insegnarmi. Ho imparato molto e tutt’ora continuo a imparare da loro. Ogni bambino è una “sfida” educativa.

12. Qual è il tuo motto?
La parola è d’argento, il silenzio è d’oro.

di Michele Peretti
redazione@viverefermo.it

Source : https://www.viverefermo.it/2021/03/24/io-assistente-alla-comunicazione-sorda/927419#.YFokVTvBpxQ.facebook

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